Il bello delle donne
Argomenti:
Il Bello di essere Donna
L’Universo Femminile
Il “bello di essere donna” o, “il bello delle donne” è un titolo che ha lo scopo di essere di stimolo a chi legge, vuole costituire un “richiamo all’origine” per la Donna nello specifico, ma anche per l’Uomo che, preso per mano, può meglio comprendere, apprezzare e condividere con noi le qualità dell’universo femminile. Si tratta di imparare a conoscersi.
L’interiorità femminile è composta da una moltitudine di aspetti finemente intersecati tra di loro. Ogni sensazione si lega all’immagine archetipica racchiusa nel concetto che esprime. Il simbolismo dei miti al femminile ha rappresentato un capitolo importante per i numerosi studiosi della psiche che hanno interpretato ii processi del cambiamento interiore. Analizzando le storie e l’insegnamento che contenevano, hanno potuto collegare i simboli stessi al processo di guarigione interiore e di auto-definizione.
Mi riferisco principalmente a Jung che ha parlato di questo nel suo libro “Gli archetipi dell’inconscio collettivo” e al bellissimo libro di James Hillman “Il Codice dell’Anima” dove affronta il processo di idenficazione del Sé all’interno del riconoscimento del propri talenti. Questo è il primo articolo di una serie che pubblicherò sull’argomento, in modo da proporre una riflessione su quanto è stato perso o disatteso dalle donne, verso se stesse, nell’arco di queste ultime generazioni. Sto parlando del valore dell’eterno femminino.
L’Eterno Femminino
Parliamo qui dell’eterno femminino.
In ogni Donna è nascosto un essere speciale, gioioso, dotato di una forza potentissima composta da istinto, creatività passionale e un sapere innato. Queste qualità sono governate dagli “archetipi“; i concetti basilari che guidano l’esperienza umana e che influiscono a livello inconscio sul nostro percorso di crescita e di evoluzione spirituale.
Ed ecco la definizione di “femminino”:
“Femminilità percepita come mistero, suggestione, incanto. Il principio essenziale ed eterno della femminilità.”
Noi donne abbiamo perso, nel tempo, questo legame profondo con la nostra interiorità. Ci siamo dimenticate la saggezza profonda, innata, quell’istinto che nei secoli ha fatto parte delle nostre vite (l’archetipo della dea, della grande madre) e che vive, ancora, nel nostro DNA aspettando solo di essere riconosciuto e riattivato. Alcune di noi hanno dedicato la loro vita a diffondere un messaggio di richiamo per tutte le altre, sopite, ferite, impaurite dalle esperienze, piegate dall’aridità e, proprio per questo, incapaci di riconoscere dentro di sé il tesoro nascosto del proprio potere personale.
Come ritrovare questo potere interiore e utilizzarlo per tornare ad essere donne complete, consapevoli, rispettose di se stesse e delle proprie esigenze? Come, soprattutto, imparare a usare questo potere per creare un nuovo paradigma che restituisca quella forza interiore originaria e che consenta alla donna di influire positivamente sul proprio ambiente e sulle proprie relazioni? Nei secoli, la cultura, la società, la religione, la scienza e gli eventi, hanno provato in tutti i modi a tenere le donne ai margini, a privarle del riconoscimento del loro intelletto e della sua validità. Le donne divenute famose che hanno avuto il coraggio di affrontare questo ostacolo, hanno fatto scalpore, sono state chiacchierate, sono state additate come ‘inappropriate’: nella storia, nella cultura, nella scienza.
Con questo percorso non voglio rifarmi al concetto di “femminismo”. Il femminismo ha avuto i suoi pregi e i suoi difetti. In alcuni casi è stato di utilità alla donna ma in altri, a mio avviso, l’ha penalizzata gettandola agli estremi e inaridendo la sua forza interiore. Quello di cui voglio parlare, in questo percorso, è relativo a quella sapienza antica che ci portiamo dentro e che, se attivata e coltivata, può produrre dei reali cambiamenti in noi donne e nell’ambiente che ci circonda, prima ancora che nella società. Il cambiamento comincia sempre dal singolo!
Imparare a credere in ciò che siamo e che amiamo
Ipazia di Alessandria: un esempio di coraggio
Sin dall’antichità ci sono state donne che hanno brillato per la loro intelligenza, per l’impegno nell’evolversi e soprattutto nel condividere la propria conoscenza. Una donna che nei secoli passati avesse manifestato questo tipo di doti, queste qualità e che fosse stata capace di distinguersi ed emergere nel mondo accademico, scientifico, poteva essere considerata arrogante, presuntuosa. Poteva essere tacciata di volersi mettere in mostra quasi che, per lei, poter studiare e dimostrarsi preparata in ambito scientifico fosse qualcosa di sconveniente, di cui provare vergogna. Una di queste donne coraggiose e intelligenti, è Ipazia d’Alessandria.
Ipazia di Alessandria era una donna colta, che aveva avuto la fortuna di poter accedere alla conoscenza tramite suo padre, Teone, filosofo e matematico greco dell’epoca. Lei stessa era una matematica, brillante, intelligente, una rappresentante della filosofia neo-platonica, vissuta nel quarto secolo d.c. Una delle sue passioni era l’astronomia, in quel periodo un argomento di studio quasi esclusivamente di appannaggio maschile. Fu lapidata a morte da un manipolo di monaci cristiani perché predicava la libertà di pensiero e voleva condividere con tutti le conoscenze che aveva acquisito studiando.
Ho preso l’esempio di Ipazia per introdurre il concetto di Eterno Femminino, poiché ritengo che la donna debba ritrovare in se stessa il filo conduttore che la lega alle proprie passioni e che ricostruisca, in sé, la capacità di coltivarle, di rafforzarle, riconoscendosi il diritto di esprimerle nel proprio mondo.E non solo. Imparare a guardarsi dentro, impegnarsi con se stesse nel riprendere le fila della propria capacità intuitiva, è un percorso che ci aiuta a riconoscere chi siamo, che rafforza la nostra identità di essere umano, prima di tutto, e di donna in quanto essere capace di estendere la sua percezione in territori che non sono accessibili ai più.
La capacità intuitiva e il potere femminile
La visione interiore
Sentiamo parlare spesso di “sesto senso” femminile, di intuizione, di percezione sottile, di legami con i mondi superiori. La donna, ha la capacità di interagire con queste diverse espressioni della realtà, in modo più agevole rispetto all’uomo che pure ne è capace. Per lei risulta forse più naturale, poiché fa parte della sua familiarità con il mondo lunare, l’archetipo dell’inconscio. Questa sua capacità di “vedere oltre”, di “vedere dentro” le cose, nei secoli l’ha penalizzata. Il suo dono è stato frainteso e spesso strumentalizzato per paura che diventasse troppo potente come se questo, anziché essere un benefico per tutti, rappresentasse un pericolo.
E la storia si ripete, in cicli e ricorsi storici, seppure in modi diversi. Se vogliamo, infatti, anche oggi vi sono ambiti in cui le capacità femminili vengono penalizzate, castrate, da un sistema che pretende di mantenere sottotono i talenti della donna, le sue intuizioni, la sua capacità di sintesi che potrebbe fare la differenza in molte occasioni e portare dei benefici alla società. Inoltre, la capacità delle donne di essere arrivate a decidere per se stesse, di aver iniziato ad esercitare il diritto di scegliere che cosa sia meglio per loro, sta trasformandosi in una sorta di “condanna” dai risvolti dolorosissimi, come testimonia la cronaca.
Nella maggior parte dei casi di stalking che si verificano oggi, le donne hanno il torto di aver detto “no” ad una situazione che le metteva in pericolo e con loro anche i propri figli. Questo serio problema, ha le sue radici in ambiti che sarebbe troppo complicato trattare qui, e che sto affrontando nella stesura di un libro dedicato all’argomento dello stalking. La responsabilità dell’incremento dei casi di stalking (che era presente anche in passato, ma che non era stato riconosciuto come tale), deve essere ricercata in un consolidamento degli stati di disagio emotivo di entrambi i sessi e nel progressivo sgretolarsi dei valori di base. Inoltre, l’emancipazione distorta, l’accesso al mondo del lavoro con le sue contraddizioni, il moltiplicarsi delle responsabilità e la richiesta sempre più pressante di perfezione predicata dal mass-media, hanno contribuito ad “inquinare” l’immagine della donna moderna. Questa distorsione del ruolo della donna, passata da “oggetto” obbediente, sottomesso, a “soggetto” autonomo, reattivo e che esprime la propria rivendicazione, è rimasta tale perché, in questo passaggio culturale, non si è tenuto conto, per molto tempo, delle radici profonde dell’Animo Femminile.
In una sorta di “riscatto” morale per tutto ciò che ha subito, la donna ha preteso di ottenere un risarcimento emotivo, materiale e culturale senza fare i conti con la sua natura interiore. Al processo di “modernizzazione” verso il quale tutte noi siamo andate incontro, abbiamo dimenticato di affiancare anche una maggiore introspezione volta a farci ricordare chi siamo, da dove nasce il nostro ruolo, in che modo possiamo esercitare la completezza di noi stesse. Si è trattato probabilmente di uno dei più grossi errori che abbiamo potuto compiere verso noi stesse, pur se sia servito a farci ottenere qualche rivendicazione. E’ così che abbiamo smarrito l’antica conoscenza delle nostre antenate; è così che abbiamo perso la saggezza e il loro potere, andato via via sgretolandosi nel tempo, annacquato dall’illusione di poter controllare tutto, di essere efficienti al massimo, di poter gestire la vita senza fare i conti con la nostra essenza interiore.
Il ritorno all’essenza di Sé
Il percorso che riporta al riconoscimento della propria Anima
Vorrei iniziare con voi, care lettrici e lettori, un viaggio fantastico attraverso quest’universo così intenso, profondo e al tempo stesso abbagliante per quanta energia contiene. Vi parlerò di come è possibile recuperare quella parte di noi donne, sopita, anestetizzata, dimenticata e vilipesa molte volte, da noi stesse.
Ricordare chi siamo, ricordare la forza che ci ha sempre sostenute e che tuttora ci sostiene, anche se noi non sappiamo più darle un nome, ritornare ad essere consapevoli del ruolo che abbiamo e delle qualità che possediamo, è un vero e proprio lavoro di “ricostruzione dell’io femminile”, ovvero, l’azione di cercare e ritrovare un tesoro prezioso: il femminino sacro, perduto nelle pieghe dei secoli.
Il primo passo di questo viaggio è quello di capire di cosa stiamo parlando. Si tratta di analizzare come siamo oggi, perché ci troviamo a questo punto, perché abbiamo perso la sensibilità nelle “antenne” potentissime che abbiamo e che sono ormai accantonate in un angolo, inutilizzate. E’ questo uno dei problemi più evidenti. Il non utilizzare più queste antenne, questo istinto ferino, questa chiarezza immediata e semplice, nella nostra vita di tutti i giorni, ci porta ad essere “vittime sacrificali” di molte situazioni.
La Donna ha perso se stessa e, nel corso dei secoli, ha perso la consapevolezza del proprio potere personale, della sua grande generosità spirituale. E’ stata travolta da molte distruzioni mirate e ha visto i suoi cicli naturali piegarsi alle necessità altrui, costretta a compiacere piuttosto che a crescere ed evolversi. Eppure, nonostante tutto, se scaviamo nei meandri della nostra psiche, riusciamo ancora ad intravedere quella fiammella che arde senza sosta. E’ la parte più sana di noi, quella che spinge il nostro istinto di sopravvivenza a fare cose grandi, è il motore che ci tirerà fuori da depressioni, errori ripetuti e autostima inesistente.
Ma come possiamo medicare queste ferite, in che modo è possibile ristabilire la connessione con il nostro istinto, con il subconscio che ci mantiene sane e propositive?
Identificare il disagio
Guardarsi dentro: l’ascolto di sé
Prima di tutto, occorre dare un nome a tutto ciò che ci causa disagio, è indispensabile dare un nome, cioè, ai disordini psichici ed emotivi che ci assalgono quotidianamente. Come possiamo accorgerci di essere disconnesse dal nostro io profondo?
Pensare, agire o percepire in ognuno dei modi qui di seguito elencati, significa aver tagliato di netto i cordoni che ci legano alla nostra psiche istintuale profonda.
Proviamo ad osservarne alcuni:
– Sentirsi profondamente inaridite, stanche, fragili, confuse, depresse, appiattite, imbavagliate
– Sentirsi impaurite, esitanti, deboli, non ispirate, pressate
– Sentirsi impotenti, sempre dubbiose, bloccate, senza determinazione, timorose di rischiare, con un’eccessiva protezione per se stesse, incerte, preda delle abitudini per restare al sicuro, con paura di esporsi
In questo elenco, manca la parola-chiave responsabile di queste sensazioni: la paura. E’ la paura che ci blocca. Paura di esporsi, di mostrarsi per ciò che si è, paura del giudizio, paura di mostrare il proprio lavoro come imperfetto, paura di perdere energia, di non avere le forze per fare, paura di fermarsi quando invece è quello che deve essere fatto, paura di subire sconfitte, paura di…
Tutti questi strappi non sono retaggio di epoche lontane. Nel tempo si sono calcificati ed hanno creato una specie di infezione che compare virulenta ogni volta che le donne restano al palo, vittime dei loro stessi atteggiamenti e separate dalla loro natura istintiva.
Quando questo accade c’è un solo modo, per la Donna, di riprendere le redini della propria esistenza. Si tratta di imparare a far riemergere la sua natura primordiale, quella istintiva, significa alzare il livello di attenzione, aguzzare la vista interiore e percepire ogni più piccola sfumatura.
Ed ecco che, quando nella psiche della Donna si verificano questi primi approcci al ricongiungimento con se stessa, iniziano a presentarsi segnali chiari: sogni significativi, letture che risvegliano la coscienza, incontri fondamentali, avvenimenti improvvisi e la comparsa di simboli archetipici sia in sogno come nella realtà quotidiana. E’ l’inconscio che fa questo per noi. Ci sprona a raccogliere questi segnali, ad accettare quella parte di noi che ci appare “inadatta”, “sconveniente”, “cattiva”, “arrogante”, “ribelle”. Questa parte selvaggia è il lato creativo della Donna, non può e non deve essere soffocato. Se lo castriamo per quieto vivere, per adeguarsi, perché “non sta bene”, perché “se fai così allora non mi vuoi bene”, questo prezioso magma andrà perduto nel fiume dell’annullamento.
Come fare, allora, per recuperare, instradare e rendere omogeneo questo flusso di esistenza?
Le Donne sono creatrici, danno la vita e, insieme alla vita nutrono, crescono, proteggono, anche quando non possono “generare” fisiologicamente. Per questo motivo possono essere considerate l’archetipo della creazione. Come chi dipinge, chi scolpisce, chi danza, chi scrive, chi fa scoperte, agiscono nelle “viscere” più che nella “testa”. Per riprendere le fila di ciò che siamo, dobbiamo riscoprire il processo creativo all’interno della nostra Anima.
Impariamo, pertanto, ad analizzare i sogni che si presentano in momenti critici della nostra vita, quando ci sentiamo perse, quando pensiamo di non farcela. Prendiamo il tempo necessario per “noi”, curiamo la parte di noi che ha necessità di creare. L’arte del “fare” è indispensabile per ritrovare un equilibrio interiore.
Allora, diamo vita al nostro fare con le mani. Marie Louise Von Franz, nel suo “I Miti della Creazione”, descrive molto bene questo concetto quando parla delle sue esperienze con le pazienti che aveva in analisi.
Secondo le sue descrizioni, i processi di guarigione psichica, partivano immancabilmente con sogni significativi delle pazienti depresse o con gravi disturbi psichiatrici. Era quello il momento propizio per decifrare il sogno. Queste donne fortunate, nel loro disagio, erano da lei guidate alla scoperta dei simboli archetipici che il sogno comunicava loro e, successivamente, venivano supportate ad esternare questi contenuti traducendoli in arte, espressa in ogni modo possibile.
Il materiale onirico (i sogni), è da sempre ritenuto importantissimo in sede di analisi psicologica ma, un’integrazione fondamentale alla risoluzione dei disagi emotivi, è data anche dalla favola come strumento evolutivo e di riconoscimento del Sé.
Ho sempre sostenuto, nell’arco della mia formazione come scrittrice e nel mio percorso personale, che la favola ha dei contenuti importantissimi per la psiche del lettore. Le allegorie, le similitudini, l’incanto del fantastico e la simbologia che richiamano, sono mezzi molto potenti per l’inconscio, specie se danneggiato.
Vorrei condividere con voi riflessioni ed analisi, in merito ai miti e racconti che una studiosa americana ha raccolto in quasi venti anni della sua professione come analista junghiana. Sto parlando di Clarissa Pinkola Estés, l’autrice di “Donne che corrono coi lupi”. Questo libro, molti anni fa, ha cambiato la mia vita. Doctor Estés, come simpaticamente si fa chiamare nella sua FanPage di Facebook, ha raccolto in un’unica opera favole, fiabe e racconti provenienti da ogni parte del mondo.
Li ha analizzati per noi, li ha resi fruibili in modo semplice e diretto. Il suo intento è stato quello di riportare la Donna a riunirsi con il suo lato selvaggio, quello autentico, quell’ombra che da sempre ha la capacità di proteggerla.
Estés, parte dalla Donna nella condizione lesa, persa, disorientata. Attraverso un viaggio lungo, a volte doloroso, ma risolutivo per la forza che dona alla Nuova Donna, la riporta alla luce della propria Coscienza.
I suoi scritti, vibrano di quel “Femminino Sacro” che tutte noi dovremmo reintegrare per vivere una vita piena e appagante. Nei prossimi articoli inizieremo a scoprire la Natura profonda della nostra psiche.
Spero che il viaggio che stiamo per intraprendere possa portarvi gioia, consapevolezza e vi spinga a riappropriarvi del vostro Potere Personale. Il titolo del prossimo articolo è: “Frammentate e Ricostruite”. Vi aspetto.
A presto.
Vitiana Paola Montana
Counseling & Mentoring
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