Nomadismo: inquietudine o sete di esperienze?
L’istinto nomade e l’inquietudine
Che cosa lega il concetto di ‘nomadismo’, inteso come necessità di spostarsi in posti sempre diversi, alla parola ‘inquietudine’, ovvero uno stato d’animo, ansioso, turbato, incerto?
La risposta non è così scontata come può sembrare. Molto spesso questi due modi di vivere sono stati affiancati, quasi compenetrati, a volte identificati come una delle cause del ‘mal di vivere’, associati alla noia esistenziale.
Io credo che non sia così. Penso che il ‘nomadismo’, che deve essere distinto dalle accezioni moderne in tutte le sue declinazioni (vedi il ‘nomadismo digitale’), come pure lo stile di vita millenario di certe tribù, è qualcosa che spinge un individuo a sperimentare, a scoprire, a mettersi in gioco.
Si tratta, io credo, di quella ‘sete di vita’ che giace ben nascosta in ognuno di noi. Questa sete di vita oggi è sepolta dalle scorie di un’esistenza incasellata, programmata, scandita dai tempi del lavoro, dai rituali sociali ormai sgretolati nel loro vero significato e sostituiti con regole di facciata prive di valori.
E il desiderio di voltare pagina, di cambiare vita, di mollare tutto, di vagabondare alla ricerca di un posto che faccia ancora battere il cuore, spunta quando ci sentiamo in crisi, schiacciati dal vivere compulsivo incorniciato da ‘dovrei’, stretto in confini costruiti da noi stessi, vittime di convinzioni, di sogni di latta e di solidi sensi di colpa.
Ed ecco che la nostra voglia di libertà comincia a produrre l’irrequietezza, quel ‘non so che’ che ci fa alzare imbronciati al mattino nonostante possiamo avere la fortuna (o la sfortuna, dipende dalle situazioni!) di avere un lavoro, una famiglia, un posto dove ‘tornare’ ogni sera.
Il concetto di ‘irrequietezza’ è affascinante. Racchiude in sé tutte le sfaccettature della voglia di libertà, della ribellione al sistema che ci vuole obbedienti e perfetti ‘consumatori’, che ci vuole consenzienti nella sua corsa alla distruzione della consapevolezza individuale.
Di questa irrequietezza ci parla Bruce Chatwin- esperto d’arte, archeologo, giornalista ed esploratore, che, nel suo racconto leggero e avvolgente, ci parla della sua stessa riflessione su questo sentimento così controverso.
Ne parla raccontando le sue vicende di vita in un ventennio, attraversate da questo desiderio struggente di essere sempre ‘da un’altra parte del mondo’. E’ una storia insolita, con un intercalare che attiva per le emozioni che suscita. Una lettura leggera e profonda al tempo stesso quando cita Diogene il Cinico il quale “diceva che gli uomini presero ad affollarsi nelle città per sottrarsi alla furia di quelli fuori. Chiusi entro le mura, si diedero a maltrattarsi in ogni modo l’un l’altro, come se questo fosse l’unico scopo del venire a stare insieme.”
Questo suo quaderno di viaggio è un diario a cuore aperto in cui condivide un pezzo della sua vita e regala pensieri sui quali riflettere.
Cliccate sulla copertina per leggere la sinossi.
Buona Lettura!
Vitiana Paola Montana
Counseling & Mentoring