Resilienza: fiducia e flessibilità per vivere meglio

Resilienza come supporto per superare le avversità

 

Mi sono sempre interessata a problematiche legate al miglioramento della qualità di vita delle persone, cercando di esaminare quelle situazioni, o atteggiamenti, che risultano essere più problematici e che compromettono l’equilibrio emotivo dell’individuo.

L’intento che mi muove è quello di trovare soluzioni semplici, immediate e consigli pratici per fare in modo che i lettori traggano il massimo beneficio dagli articoli che scrivo e possano giungere ad uno stile di vita migliore.

Tra tutti gli argomenti legati a questo tema, in particolare, sono sempre stata attratta dal termine ‘resilienza’, un’attitudine che può essere potenziata e che può fare la differenza di fronte alle sfide della vita. Ne tratto nel mio ebook “Superare le avversità” e ne ho parlato nel mio articolo: La resilienza psicologica

Vorrei, adesso, approfondire questa tematica con l’aiuto della voce autorevole di un’esperta del settore, la Dott.ssa Elisabetta Scrivano.

Gentile Elisabetta, prima di tutto benvenuta su Progetto Evolutivo e grazie per  la sua disponibilità.

Potrebbe darci una definizione corretta del termine ‘resilienza’?

Innanzitutto grazie per l’ospitalità e per l’opportunità di approfondire un tema che anche a me è molto caro.

Il termine è usato soprattutto in ingegneria e nella fisica dei materiali per indicare la capacità di un materiale di resistere ad urti improvvisi senza spezzarsi e ritornando alla forma originaria. Per analogia, l’Help Center dell’APA (Associazione degli Psicologi Americani) definisce la resilienza psicologica comeil processo di adattamento – di un singolo individuo ma anche di una comunità – di fronte alle avversità, ai traumi, alle tragedie e ad altre significative fonti di stress.

Essere resilienti significa saper sopravvivere alle esperienze difficili, significa essere flessibili, elastici mentalmente, avere spirito d’adattamento, essere duttili e non rigidi… Avete presente il detto: “Mi piego ma non mi spezzo”?: ecco, la resilienza sta proprio lì.  . La prima importante distinzione è infatti da farsi con il termine “resistenza”, che molti di noi usano impropriamente (“Nelle avversità bisogna resistere!”), perché la resistenza implica rigidità e l’irrigidimento mentale (= usare sempre gli stessi schemi di pensiero, perseverare con le stesse credenze anche quando le situazioni sono differenti, arroccarsi sulla propria posizione, ecc.), crea le condizioni per maggiore dolore (pensiamo alle contratture muscolari!) e, nella peggiore delle ipotesi, porta alla rottura.

Si potrebbe dire, un po’ semplificando, che “resilienza” è l’opposto di “resistenza”: non è lotta dura (“tenere duro”, “stringere i denti”, “non mollare mai”, ecc.), ma pazienza ed apertura mentale. Non è rassegnazione ovviamente, ma ottimismo, fiducia, speranza e capacità di mantenersi lucidi e consapevoli in ogni situazione per sfruttare tutte le risorse a disposizione. Questo sembra semplice ed invece è proprio nei momenti di crisi che ci sembra di non avere possibilità di uscita, non vediamo la luce alla fine del tunnel, oppure ci ostiniamo a ripetere strategie che si sono già rivelate fallimentari.

Due storie-metafore possono rendere bene l’idea della resilienza:

Tre rane caddero in un barile di latte e le altre rane, affacciandosi al bordo, cominciarono a dire loro che non ce l’avrebbero mai fatta a risalire. Una delle tre tentò di uscire saltando: saltò e saltò ma alla fine, stremata, si rassegnò, e dando per certa la predizione delle compagne, si lasciò andare e morì. La seconda invece continuò a nuotare affannosamente in cerchio ma anch’essa, alla fine, vinta dalla stanchezza, si lasciò morire. La terza, testarda e coraggiosa, continuò a galleggiare fino a quando non si rese conto che il latte si era rappreso ed era diventato burro, consentendole di balzar fuori e salvare la pelle.

 

C’erano una volta un uomo anziano e un vecchio asino. Un giorno l’asino cadde in un pozzo ormai asciutto, ma profondo. Il povero animale ragliò tutto il giorno e l’uomo cercò di pensare a come tirarlo fuori dal pozzo. Alla fine, però, pensò che l’asino era molto vecchio e debole, senza contare che da tempo aveva deciso di riempire di terra il pozzo che era ormai prosciugato. Decise di seppellire là il vecchio asino. Chiese a diversi vicini di aiutarlo; tutti presero una pala e cominciarono a gettare terra nel pozzo. L’asino si mise a ragliare con tutta la forza che aveva. Dopo un po’, però, tra lo stupore generale, dal pozzo non venne più alcun suono. Il padrone dell’asino guardò nel pozzo, credendo che l’asino fosse morto, ma vide uno spettacolo incredibile: tutte le volte in cui veniva gettata una palata di terra nel pozzo, l’asino la schiacciava con gli zoccoli. Il suo padrone e i vicini continuarono a gettare terra nel pozzo e l’asino continuò a schiacciarla, formando un mucchio sempre più alto, finché riuscì a saltare fuori.

L’asino è stato pronto a cogliere l’occasione, la rana per un po’ ha letteralmente “galleggiato” nella propria sfortuna, non ha lottato, non è andata in panico, ha “sopportato”, ma osservando le compagne si è posta in uno stato riflessivo e anche lei non si è fatta trovare impreparata al momento opportuno.

La nostra mente non è una materia inerte, bensì un sistema molto complesso che, per economia mentale, o – per dirla tutta – per pigrizia, non sfruttiamo come dovremmo: potremmo essere molto più flessibili, adattabili e creativi di quanto non siamo nella vita di tutti i giorni. Quando le circostanze sono avverse, poi, troppo spesso andiamo in crisi e peggioriamo la situazione.

La resilienza è, in sintesi, l’insieme delle risorse che abbiamo a disposizione per affrontare le avversità, per ristabilire l’equilibrio perduto dopo un periodo stressante o un momento traumatico; è il risultato della combinazione di forza interiore, supporto esterno e capacità di apprendere dall’esperienza.

Può farci, se possibile, qualche esempio concreto di situazioni tipo in modo che i lettori possano meglio comprendere?

Il termine « resilienza » sta molto a cuore a tutti gli Psicologi e chi si occupa di benessere; perché tutte le persone nella vita quotidiana non sono esenti da stress di vario genere e traumi piccoli e grandi (lutti, malattie, abbandoni, licenziamenti, ecc.) e, se non soccombono, è perché sanno far leva sulle proprie personali risorse: sottolineo “personali” perché non esiste una formula identica per tutti.

 

Personalmente ho approfondito il discorso e mi sono appassionata all’argomento lavorando presso lo Sportello di Counselling e Ascolto nelle Scuole Superiori e come formatrice nei corsi di Psicotraumatologia per la Protezione Civile, ambiti che sembrano distanti ma che hanno in comune molte cose: gli adolescenti affrontano un periodo della vita delicato, complesso, caratterizzato da grande tumulto emotivo (rapidi cambiamenti fisici, insorgere della sessualità, richieste di maggior responsabilità nell’ambito familiare, ecc.): per alcuni diventa un cammino in salita, si deprimono, somatizzano i problemi, diventano ribelli, talora delinquono, e quindi necessitano di quella che io chiamo una “stampella emotiva” di accompagnamento, per far loro ricordare le risorse che hanno momentaneamente perso di vista e per farne riscoprire delle nuove che da bambini non possedevano. Gli operatori del soccorso sono invece chiamati ad affrontare situazioni traumatiche (incidenti o catastrofi) e devono essere sufficientemente corazzati per non soccombere: con loro è necessario fare una grande opera di prevenzione e informazione sulla resilienza affinché, non essendo super eroi, non cadano mai vittima di quella che si chiama “traumatizzazione vicaria”.

 

Dopo gravi eventi traumatici ci sono persone che si abbattono, si annientano, ma ce ne sono altrettante che affermano addirittura che l’accaduto ha dato loro un’opportunità di miglioramento. Pensando a personaggi famosi possiamo ricordare l’ex campione di Formula Uno Alex Zanardi, ma sono sicura che ognuno di noi conosce o ha conosciuto persone che ‘dopo la tempesta’, non solo si sono rialzate, sono risalite sulla barca, ma sono addirittura cambiate positivamente, hanno riorganizzato la propria vita, le priorità, i valori, ecc.

Il nostro apparato psichico ha cioè l’innata capacità di mantenersi compensato anche di fronte a gravissime esperienze traumatiche: sta a noi non dimenticarlo mai!

Qual è la sua personale opinione in merito alla possibilità di coltivare la nostra ‘capacità resiliente’? Ha qualche consiglio da darci?

Iniziamo con il puntualizzare che avere un punteggio massimo su un’ipotetica “scala di resilienza”, purtroppo, non rende immuni da difficoltà o sofferenza: la vita implica sempre, purtroppo, una certa quota di disagio emotivo.

La bella notizia è che la resilienza è un fenomeno ‘normale’ e non straordinario: come ho già sottolineato la resilienza è una capacità innata e tutti possiamo allenarla, potenziarla, apprendendo o perfezionando nuovi modi di pensare, nuove credenze, nuovi comportamenti.

Sarebbe forse più corretto considerare la resilienza come un processo, un divenire che, azione dopo azione, parola dopo parola, passo dopo passo, con ogni esperienza di vita, si può perfezionare sempre di più.

Autorevoli esperti indicano quali sono i principali fattori protettivi rispetto ai traumi e che, quindi, possono essere considerati “ingredienti” della resilienza: ottimismo, spiritualità, sostegno sociale, strategie di coping attivo (ricerca di sostegno, interpretazione positiva dell’evento, ricerca di soluzioni), ecc.

Le risorse interiori

Tuttavia, nel mio blog “Gli stivali delle 7 leghe” insisto molto sul fatto che non esiste una sola strada, non c’è una ricetta miracolosa per tutti e pertanto pubblico periodicamente strategie di Auto Aiuto (“Aiutati che il ciel ti aiuta”!) differenti, affinché tutte le persone possano trovare “lo stivale che gli calza a pennello”, possano cioè gradualmente diventare più consapevoli dei propri punti di forza e di debolezza e imparino, nei momenti di quiete, prima della tempesta, a far scorta di idee, pensieri positivi, attività, ricordi, ai quali ricorrere nei momenti bui.

A qualcuno è d’aiuto ascoltare musica, a qualcun altro correre, a qualcun altro ancora telefonare ad un amico, accarezzare il gatto, ecc. Qualcuno fa leva sulle risorse interiori, altri si rivolgono maggiormente all’esterno. Piccole e grandi cose che messe tutte insieme creano una “rete” di supporto.

Va in questa direzione, un esercizio specifico che ho pubblicato qualche tempo fa: “La rete di resilienza”.

Bene, dopo questo ulteriore approfondimento possiamo senza dubbio avere un’idea molto più chiara di questa importante ‘attitudine’, la resilienza.

Le sfide che affrontiamo ogni giorno, oltre a sollecitare la nostra flessibilità, hanno anche il compito di renderci più forti, di consolidare la nostra capacità di trovare soluzioni.

Questo è un ottimo carburante per la nostra autostima, per la fiducia in noi stessi.

Concludo ringraziando la Dott.ssa Elisabetta Scrivano per averci portato la sua preziosa decodifica  su un argomento quanto mai attuale. Ha saputo spiegarci in modo semplice e chiaro quanto la resilienza possa esserci utile e risulti essere un valido supporto per vivere una vita piena e di qualità migliore.

Intervista realizzata da : Vitiana Paola Montana

 

Vitiana Paola Montana

Counseling & Mentoring

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